Giocare è una cosa seria

“Giocare è una cosa seria”, uscito per le edizioni Interlinea di Novara nel maggio del 2024, è scritto a due mani: da Marco Scardigli, autore di gialli e libri di materia storica, e Maurizio Stangalino, neuropsichiatra che si occupa di psicoanalisi infantile. Cosa lega professionalità così diverse? Intanto l’età – i due sono boomer ultrasessantenni – ma di più il fatto che hanno vissuto la loro infanzia e adolescenza da amici (strade contigue della stessa città, stessi giochi, stessa scuola elementare, media e media superiore). Cosa assai rilevante, perché “il bambino che ha giocato continua a vivere nell’adulto e ne influenza i pensieri, gli atteggiamenti, le scelte e le decisioni”, forse anche quella di scrivere insieme questo libro. Così gradevole da leggere e ricchissimo di spunti di riflessione, “Giocare è una cosa seria” è incentrato sui divertimenti extrascolastici e liberi nel contesto degli anni Sessanta e primissimi anni Settanta. Non si tratta di un libro catalogo sui giochi d’altri tempi però, e neanche il resoconto “barbogio” di due uomini di una certa età che partono dal presupposto che quando erano bambini loro le cose andavano meglio. Gli autori cercano insomma quell’onestà intellettuale che gli permetta di non rimanere irretiti nel sovraccarico emotivo che cattura quasi tutti noi quando parliamo della nostra “età meravigliosa”, come scriveva il poeta Umberto Saba. Il libro è scritto in prima persona, come se un bambino raccontasse la sua storia “in diretta”, un espediente letterario utilizzato dagli autori per rendere la narrazione più accattivante e soprattutto per creare un unico personaggio che assommi e carichi su di sé i ricordi di entrambi. Le sezioni sono due: “Io con me” e “Io con gli altri”, dai giochi dietro a un divano/tana/navicella spaziale al pallone in un campino – che gli autori, del nord, chiamano “campetto”, anche se le gibbosità, gli alberelli come pali, l’erba spelacchiata e la polvere è la medesima. Cosa hanno guadagnato i bambini di oggi? Cosa hanno perso? Sono queste le domande fondamentali che accompagneranno in lettore per ogni pagina del libro, molto originale e scevro da quell’impostazione accademica che spesso riesce a rendere noiosi e illeggibili anche gli argomenti più vivi e interessanti.

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